Sempre più negli ultimi anni abbiamo assistito al ritorno delle farine macinate a pietra e molte aziende dichiarano di usarle per la realizzazione dei prodotti finiti che troviamo nei supermercati.
Le macine a pietra costituivano la principale forma di molitura dei cereali,
prima della diffusione su larga scala dei laminatioi, moderni mulini a cilindri.
La molitura a pietra opera per schiacciamento dei chicchi; le granaglie, raccolte nella tramoggia, confluiscono
tra le due pietre attraverso il c.d. occhio della macina (foro cilindrico posto sulla pietra superiore).
L’attività rotatoria della pietra superiore su quella inferiore fissa, consente lo schiacciamento del cereale.
La forza centrifuga impressa dal movimento delle pietre permette la fuoriuscita del prodotto macinato.
Lo schiacciamento dei chicchi è favorito da scanalature ed avvallamenti appositamente praticati sulle
pietre in modo da rendere più efficace il lavoro della macina.
Per effetto dell’attrito provocato dallo sfregamento l’una sull’altra, le pietre sono soggette ad usura e livellamento.
Occorre pertanto rigenerarle periodicamente attraverso la c.d. battitura, vera e propria attività di scalpellamento della pietra per ricreare gli avvallamenti e le scanalature necessarie per una buona molitura.
Le tipologie di scanalature sono moltissime e diverse a seconda del cereale macinato.
Le pietre utilizzate nelle macine possono essere di vario tipo; le più pregiate sono quelle di selce in blocco unico, caratterizzate da una notevole resistenza all’usura.
Molto famose per la loro qualità sono le pietre provenienti dalle cave francesi La Ferté-sous-Jouarre.
Esistono poi macine composte da più blocchi di pietra ovvero create da malgame di pietrisco.
La farina ottenuta dalla molitura a pietra è tendenzialmente grezza o integrale. Lo schiacciamento impresso dalle macine amalgama le varie componenti del chicco, rendendo difficile la separazione delle crusche, dell’endosperma e del germe per l’ottenimento di un prodotto raffinato.
Si tratta di farine che conservano così tutte le proprietà organolettiche, specie se la lavorazione avviene a velocità
ridotta e tali da non scaldare il prodotto.
Gli sfarinati così ottenuti sono tuttavia caratterizzate da una minore shelf-life proprio per la presenza del germe di grano, componente oleosa del chicco, soggetta ad irrancidimento.