Quanti sono i tipi di farine? Tantissimi!!
E’ importante individuare la farina adatta in funzione del risultato che si vuole ottenere; oltre all’ovvia distinzione in in base al cereale, legume o altro da cui è ricavata, la farina può essere classificata in relazione a vari parametri. Alcuni risultano facilmente verificabili da parte di chi si approccia al mondo delle farine e degli impasti mentre altri sono destinati agli operatori professionali.
Limitando la valutazione alle farine di grano o di frumento un primo elemento distintivo è caratterizzato dalla granulometria cioè dalla dimensioni delle particelle che compongono la farina. Se si vuole ottenere un impasto più rustico e grossolano è necessario prendere farine con granulometria più elevata; tendenzialmente gli sfarinati derivanti dalla molitura a pietra soddisfano queste esigenze.
Le farine si differenziano poi in integrali o 00: tale distinzione è effettuata sulla base di dettati normativi che classificano le farine in funzione del tenore di ceneri, ossia di sali minerali che rimangono inalterati dopo aver carbonizzato un campione di prodotto portandolo a più di 600°C. Poiché le componenti cruscali dei chicchi sono più ricche di sali minerali, le farine integrali sono caratterizzate da un più elevato valore delle ceneri. Esistono anche farine con livelli di ceneri intermedi quali la tipo 2 o semi grezza (molto simile alla farina integrale), tipo 1 e la 0.
Il tenore di ceneri appena rappresentato va letto congiuntamente al grado di abburattamento (% in peso di farina che si estrae per 100g di cereale – detto anche “resa”); va da se che le farine 00, non comprendendo varie parti del chicco come le crusche, hanno un grado di abburattamento anche sino al 50%. Al contrario le farine di tipo 2 e quelle integrali sono caratterizzate da una resa tra l’85% ed il 100% e pertanto la maggior parte del chicco viene trasformata in farina.
Anche in questo caso la scelta del tipo di farina incide notevolmente sul risultato finale.
Altro elemento importante da prendere in considerazione è la forza della farina: rappresentato con il simbolo W. Indica la capacità della farina di resistere alla lavorazione, noto anche come indicatore di panificabilità. Tale fattore varia in funzione delle proprietà organolettiche delle farine (dipende quindi dal tipo di grano utilizzato) ed in particolare dal contenuto di proteine che nella fase dell’impasto si trasformano in glutine.
Il glutine, unitamente all’acqua assorbita dalla farina, consente la creazione di un reticolo (c.d. maglia glutinica) capace di trattenere gli amidi ed i gas che si sviluppano in fase di lievitazione.
Le farine con indice W sino a 170 sono definite deboli e sono utilizzate per impasti che richiedono poco volume e lievitazioni veloci (come ad esempio i biscotti), le farine con W sino a 350 sono definite forti, assorbono molta acqua e richiedono tempi di lievitazione più lunghi; l’impasto ottenuto è elastico e tenace adatto per la produzione di pane e pizza.
Esistono poi farine speciali con indice W superiore a 350, prodotte con grani particolari quali il Manitoba usate come rinforzo per le farine più deboli.